Pietro Sarcinella – Studio  Sant'Elmo Ginecologo Napoli
Adolescenza

Adolescenza: evoluzione emotiva e desiderio di crescita

 

Ogni individuo in realtà è unico e irripetibile. Così come lo è ogni giorno della nostra vita. Per questo ogni età dovrebbe essere vissuta sempre con la massima intensità, in qualità di esperienza “unica e irripetibile”. In realtà sono per lo più gli adulti, che ripensando alla propria adolescenza con un pizzico di nostalgia, la considerano un’età lieta per eccellenza. Si ricorda, di quegli anni, solo la parte migliore: la speranza di una vita davanti, l’avvenenza delle forme corporee, l’energia e la voglia di cambiare il mondo, mentre si sono dimenticati ansia etimori. L’adolescenza è infatti percepita diversamente dai diretti interessati, gli adolescenti, che si sentono catapultati nel mondo degli adulti, travolti da un caleidoscopio di emozioni, dove si mescolano spensieratezza e speranza, ma anche labilità emotiva e incertezza per il futuro.

 

Quando inizia l’adolescenza?

E soprattutto, quando si considera concluso il periodo adolescenziale? Teoricamente l’adolescenza si può collocare tra i 10 e 22 anni, un ponte che unisce l’infanzia e l’età adulta. Si tratta di un periodo di transizione che presenta notevoli variazioni individuali. Stabilire l’inizio è relativamente semplice, in quanto coincide con la pubertà, mentre è molto più difficile determinarne la conclusione, soprattutto nella società odierna, dove l’ingresso in età adulta viene sempre più procrastinato anche per ragioni economiche, che impediscono il raggiungimento dell’autonomia e il distacco dalla famiglia di origine. Questa estrema variabilità può essere fonte di preoccupazione per le ragazzine che ancora non hanno completato lo sviluppo puberale rispetto alle coetanee, in quanto possono sentirsi escluse o temere di essere diverse. In questo delicato passaggio verso l’età adulta, è importante la rassicurazione del medico sul significato del vero ritardo puberale o di pubertà precoce. L’adolescenza è un processo caratterizzato da profondi cambiamenti che riguardano il corpo (maturazione dei caratteri sessuali secondari e della capacità riproduttiva), la mente (completamento dello sviluppo cognitivo), la sfera affettiva ed emozionale (relazioni sociali e familiari). Il ginecologo ha un ruolo importante nel vigilare su una crescita armoniosa, prestando attenzione a tutti questi aspetti. Quando si è di fronte a un’adolescente, che può già avere le sembianze fisiche di una donna, è bene ad esempio ricordare che lo sviluppo completo del cervello viene raggiunto nelle ragazze solo intorno ai 22-23 anni (intorno ai 25 anni nei ragazzi). La “piccola donna” che si sottopone ai suoi primi controlli dal ginecologo è quindi una persona estremamente vulnerabile, che potrebbe non avere la maturità sufficiente per recepire correttamente le informazioni ricevute. E’ quindi importante metterla a proprio agio utilizzando, ad esempio, un linguaggio adeguato.

 

Il primo ciclo mestruale

Lo sviluppo puberale culmina, dopo circa due anni, con la comparsa del menarca. Paradossalmente, nonostante il ritardo dei nostri giovani a “lasciare il nido”, l’età della pubertà si è abbassata e la comparsa del menarca è in media intorno ai 10-12 anni. Non tutte le ragazze arrivano preparate a questo evento, che non è vissuto sempre in modo positivo per mancanza di un’adeguata informazione e di dialogo. Un’indagine demoscopica condotta di recente su un campione di 1000 donne dai 18 ai 50 anni, ha messo in evidenza che il primo ciclo mestruale viene vissuto per lo più conimbarazzo (60%), come un evento “fastidioso” (64%), che incide sull’efficienza scolastica, lavorativa (45%), sportiva (63%) e infine sulla sessualità(85%). Nella fascia di età più giovanile (18-30 anni), le donne vivono più dolorosamente la loro femminilità, con cicli caratterizzati da dismenorrea (52%), cefalea (30%), malumore (28%). E’ emerso che le assenze dal lavoro per disturbi legati al ciclo si verificano fino al 32% dei casi. Nell’età adolescenziale il ginecologo non è ancora un punto di riferimento, le ragazze non riescono ad associare la loro femminilità alla figura di un medico e preferiscono confidarsi con “l’amica del cuore”, che sentono più complice. E’ importante rassicurare subito le giovanissime in merito al ruolo del ginecologo e al segreto professionale, cercando di stabilire una relazione terapeutica basata sulla fiducia, ma soprattutto aiutandole a capire che la relazione terapeutica è diversa dal rapporto che si ha con la madre o con l’amica; quest’ultime possono accogliere le confidenze ma non hanno la competenza necessaria per dare i consigli appropriati. Anche la capacità di ascolto del ginecologo è diversa da quella della madre o dell’amica, così come la capacità di rassicurazione,perché non sono basate solo sulla disponibilità, ma anche sulla professionalitàe sulle prove di evidenza scientifica. Infine, il ginecologo sa avere la lungimiranza per capire se la sua paziente sta adottando un comportamento a rischio che necessita un chiarimento approfondito.

 

La visita ginecologica

Sarebbe utile almeno un colloquio con il ginecologo prima dell’inizio dell’attività sessuale, in modo che la ragazza arrivi a questo momento con le idee chiare e con tutte le informazioni necessarie per proteggere la propria fertilità e l’equilibrio psico-fisico. La scelta del ginecologo è estremamente personale. Spesso le madri portano le figlie dal proprio ginecologo, ma non è automatico che si stabilisca unarelazione terapeutica altrettanto empatica. Un ginecologo attento saprà cogliere l’eventuale imbarazzo della ragazza, cercando di capirne la motivazione. L’indagine demoscopica ha fortunatamente evidenziato un rapporto sereno con il proprio ginecologo/a nella maggior parte delle intervistate, anche nelle giovanissime (51%). C’è però ancora un po’ di strada da fare per conquistare quella fetta di universo femminile tuttora diffidente, per fare in modo che la visita ginecologica diventi per tutte un comportamento consapevole di protezione della propria salute.

 

Sessualità e contraccezione

Ancora carente tra le più giovani è l’informazione sulla capacità procreativae sui metodi contraccettivi. L’indagine ha evidenziato che solo il 37% delle ragazze dai 18 ai 30 anni si sente informata in modo adeguato. Molte hanno convinzioni infondate sulla pillola contraccettiva (come la paura di ingrassare, di essere più esposta al rischio di tumori, o di non riuscire a rimanere incinta alla sospensione), mentre non conoscono in modo corretto i benefici extra-contraccettivi, come il miglioramento della dismenorrea e dei sintomi pre-mestruali, della cefalea, o dell’acne.