Pietro Sarcinella – Studio  Sant'Elmo Ginecologo Napoli
Gravidanza

L’ecografia ostetrica è sicuramente un esame molto complesso. Basti pensare che è l’ecografia, non di un organo, ma di un intero organismo e che oltretutto l’organismo fetale ha dimensioni molto piccole.Inoltre è l’unica ecografia in cui non è possibile far muovere il soggetto da esaminare a seconda dell’esigenza dell’operatore. Ciò significa da un lato che la posizione e l’atteggiamento del feto non sempre risultano favorevoli all’esame; in più, il feto può effettuare imprevedibilmente movimenti, anche di continuo, che mettono alla prova la concentrazione e la sistematicità dell’operatore.

 

Ecografia del primo trimestre

La prima ecografia della gravidanza dovrebbe raggiungere i seguenti obiettivi.

  1. Stabilire il numero dei feti, altrimenti le gravidanze gemellari potrebbero non essere riconosciute anche fino a metà della gravidanza. In caso di gravidanza gemellare è obbligatorio riconoscere il tipo di gemellarità (mono[zigote]coriale, bicoriale, monoamniotica, biamniotica ecc.) in base al numero delle placente e dei sacchi gestazionali.
  2. Datare con precisione la gravidanza, osservando se la misura del feto corrisponda a quella prevista sulla base dell’ultima mestruazione.
  3. Diagnosticare eventuali distacchi coriali od amnio-coriali (a volte si possono formare senza una sintomatologia di minaccia d’aborto) o diagnosticare un eventuale aborto interno (cioè con ritenzione asintomatica del feto), che è molto più frequente dell’aborto con espulsione del materiale non vitale e potrebbe restare non riconosciuto per diverse settimane.
  4. diagnosticare alcune anomalie fetali già potenzialmente riconoscibili a quest’epoca (anencefalia, igroma cistico, difetti degli arti ecc.).

– La translucenza nucale –

 

E’ ormai ben noto che il rischio di avere un bambino affetto da un’anomalia cromosomica (come la sindrome di Down) è un numero conosciuto che aumenta all’aumentare dell’età materna.
Per sapere con certezza se un feto sia portatore di un’anomalia cromosomica, vi sono esami diagnostici come l’amniocentesi o il prelievo dei villi coriali, che purtroppo, essendo metodiche invasive, sono gravati da un certo rischio abortivo, sebbene non elevato (<1:100).
Un’indagine puramente ecografica tra 11 e 13 settimane di gravidanza, è la misurazione della cosiddetta “translucenza nucale”, che equivale allo spessore dei tessuti superficiali della nuca del feto sulla linea mediana del collo. Alcuni studiosi hanno infatti riscontrato una correlazione tra l’ispessimento di tali tessuti e la presenza di anomalie cromosomiche.
In pratica si esegue l’ecografia e si misura la “translucenza”. Questa misura viene poi elaborata da un apposito software statistico il quale ricalcola il rischio “personalizzato” di avere un feto affetto da anomalia cromosomica, modificando in più o in meno il rischio di base dato dall’età materna.
Va sottolineato che questo esame fornisce solo una miglior probabilità e non una certezza diagnostica; tuttavia, a differenza degli esami invasivi, è una comoda aggiunta, priva di rischi, alla usuale ecografia del terzo mese.

 

Ecografia del secondo trimestre (ecografia “morfologica”)

E’ l’esame che, oltre alla biometria (misurazione delle parti corporee fetali), si incentra sulla disamina accurata della morfologia del feto e dei suoi annessi (placenta e funicolo), Essa dovrebbe idealmente prevedere la valutazione di tutti gli organi ecograficamente studiabili al fine di rilevarne eventuali anomalie (malformazioni).
L’ecografia del secondo trimestre è incentrata sulla valutazione della morfologia e struttura degli organi fetali.

 

Ecografia del terzo trimestre

Viene eseguita solitamente fra 30 e 34 settimane di età gestazionale.Le misure dei fondamentali parametri (diametro biparietale, circonferenza cranica, circonferenza addominale, femore) vengono messe a confronto con quelle rilevate nel II trimestre al fine di escludere una patologia dell’accrescimento fetale, sia nel senso di un ritardo (iposviluppo) sia nel senso di un eccesso (macrosomia).
L’eventuale riscontro di una patologia dell’accrescimento richiede la rivalutazione ecografica seriata con velocimetria Doppler (vedi oltre) associata, nei casi più impegnativi, all’approfondimento clinico e strumentale (monitoraggio del battito cardiaco fetale) in ambiente ospedaliero. Vi sono infatti anomalie fetali che compaiono per la prima volta in questo periodo: sono molte volte già presenti da tempo ma si manifestano in modo sufficientemente diagnosticabile soltanto nel terzo trimestre.

 

Velocimetria Doppler

E’ una metodica non di routine (ma da riservare ai casi a rischio) che permette di valutare le qualità di flusso ematico nei vasi sanguigni. Il vaso da studiare viene “campionato” da un fascio ultrasonico che viene rielaborato graficamente sul monitor in forma d’onda che rappresenta la velocità del sangue nel tempo nel punto vascolare studiato.

Forse pochi sanno che nella nostra specie il periodo di vita nel quale rischiamo maggiormente di morire è quello che va dal concepimento alla nascita. E’ nelle prime 12 settimane gestazionali che Il tasso di mortalità è particolarmente elevato: proprio in questo periodo avviene infatti circa l’80% degli aborti ed il 30% delle gravidanze si interrompe probabilmente già prima della 6 settimana gestazionale. Anche un embrione apparentemente sano e del quale è stata documentata la vitalità (regolare attività cardiaca) ha una probabilità di morire pari al 5-10% finchè non sarà superata la fatidica 12^ settimana.

 

Per aborto spontaneo si intende l’interruzione involontaria (senza ausilio quindi di mezzi farmacologici o chirurgici) della gravidanza prima che il feto possa vivere fuori dell’utero; il limite tecnico di questo momento è posto oggi intorno alla 20^ settimana gestazionale; momento oltre il quale in centri ad elevata specializzazione neonatale il feto può avere una ragionevole speranza di sopravvivenza. Si parla di aborto ripetuto quando si verifica un secondo evento negativo e di aborto abituale quando gli aborti spontanei sono almeno tre.

 

La minaccia d’aborto è una situazione clinica caratterizzata da algie pelviche, perdite ematiche genitali in una gravida con epoca gestazionale inferiore alle 20 settimane di gestazione il cui feto è ancora vitale (battito cardiaco rilevato e regolare).

 

L’incidenza dell’aborto spontaneo è molto alta. Il periodo più critico è quello tra concepimento e 6^ settimana di amenorrea. Circa il 15-20% delle gravidanze clinicamente evidenti (diagnosticate) esita in aborto ma stime attendibili parlano di valori anche pari al 30% se si considera che molte gravidanze interrotte precocemente vengono scambiate con un semplice ritardo mestruale.

 

La tendenza ad abortire cresce progressivamente con l’aumentare dell’età materna e passa dal 9-12% tipica di una ragazza di età < 20 anni a valori superiori al 50-70% dopo i 45aa. Anche l’età paterna è stata correlata con l’aborto spontaneo ma la forza (l’importanza) di questa correlazione sembra molto più debole.

 

Cause

Le cause sono veramente tante e non completamente note e non sempre identificabili. Possiamo distinguerle in due grandi gruppi: fetali e materne.

 

Cause fetali

anomalie morfologiche o l’assenza dell’embrione (blighted ovum o uovo cieco- uovo chiaro) sono presenti in circa il 70% degli aborti spontanei che precedono la 10^ settimana;

anomalie cromosomiche sono presenti in circa il 50-60% degli aborti spontanei prima della 10^ settimana;

il più comune difetto genetico è rappresentato da anomalie cromosomiche numeriche (86%) o strutturali (6%); una percentuale minore è rappresentata dai “mosaicismi”.

l’anomalia numerica in assoluto più frequente è la trisomia 21 (cromosoma 21 sopra-numerario, Sindrome di Down); questa, insieme ai frequenti casi di aneuploidia spiega in parte la forte correlazione negativa con l’età materna;

frequente è anche l’assenza di un cromosoma X (Sindrome di Turner);

anomalie genetiche possono riguardare anche singoli o multipli geni (unità di base dei caratteri ereditari).

 

Cause materni

malattie endocrine come il diabete, disturbi tiroidei, insufficienza del corpo luteo hanno tutte un importante impatto negativo sulla fertilità e sulla possibilità di successo riproduttivo;

 

cause anatomiche possono essere rappresentate da malformazioni uterine, da patologie acquisite come la fibromatosi uterina o da esiti di interventi chirurgici (ad es. raschiamenti, conizzazioni);

 

fattori ambientali noti sono il tabagismo (fumo di sigaretta), l’abuso di alcohol e caffè; l’esposizione a gas anestetici, forti dosi di radiazioni ionizzanti, sostanze tossiche come il benzene, la formaldeide, l’isotretinoina, il tetracloroetilene (usato nella lavatura a secco);

 

cause infettive sono state implicate maggiormente nella spiegazione di casi di sterilità (es. Chlamydia) ma non è affatto escluso che possano avere un ruolo anche nell’aborto; una certa importanza a questo proposito è stata data alle infezioni da Ureoplasma Urealiticum, Mycoplasma Hominis, Brucella Abortus, Campylobacter Fetus; l’argomento è controverso e non vi sono studi conclusivi;

 

cause immunologiche vedono il coinvolgimento da un lato della produzione di anticorpi (immunoglobuline) materni contro sostanze che circolano nel sangue e che interessano il sistema coagulativo (lupus anticoagulante, anticardiolipina, antifosfolipidi), dall’altro la produzione di anticorpi diretti contro la parte antigenica di origine paterna (quindi estranea) dell’embrione per la quale per motivi ancora non chiari non si instaurerebbe il fisiologico meccanismo di tolleranza; l’aggressione diretta della gravidanza porterebbe ad un aumento delle sostanze infiammatorie con stimolo dell’attività contrattile uterina ed aborto; la presenza di anticorpi che interessano il sistema coagulativo (10-16% delle donne con aborto abituale) determinerebbe l’interruzione della gravidanza attraverso la trombosi (l’ostruzione) dei piccoli vasi che andrebbero incontro anche ad una forte vasocostrizione (restringimento);

 

Gli eventi trombotici del letto vascolare utero-placentare (e la conseguente insufficienza placentare) determinati da fattori immunologici o genetici (es. mutazioni del fattore V di Leiden, fattore II, MTHFR) possono determinare complicanze precoci come l’aborto (anche dopo la 12^ settimana) ma anche tardive come la morte endouterina, la preeclampsia, il ritardo di accrescimento fetale ed il distacco di placenta;

 

anche l’incremento di un indice di flogosi come la Proteina C attivata sembra correlato con una maggiore incidenza di aborti spontanei.

 

Indagini consigliate

La maggior parte degli Autori (per l’elevata frequenza dell’evento anche in donne perfettamente sane) non considera un singolo aborto spontaneo particolarmente allarmante e suggerisce un iter diagnostico solo dopo 2 o 3 aborti consecutivi. Il mio parere personale è che vadano sempre valutati l’età della paziente e le sue condizioni cliniche; nell’esperienza abortiva è infatti diversa una donna che ha superato i 35 anni rispetto ad una ventitreenne.

 

Le indagini generalmente consigliate sono:

 

morfologiche (es. ecografia transvaginale, isteroscopia, isterosalpingografia);

 

ormonali (con particolare riguardo allo studio della funzione ovarica, tiroidea ed ipofisaria);

 

infettivologiche (particolarmente utili i tamponi cervicali ripetuti);

 

immuno-ematologiche (ricerca degli anticorpi non organo specifici e di variazioni di fattori implicati nella coagulazione);

 

genetiche (valutazione di un genetista, studio della mappa cromosomica del prodotto abortivo e dei due partner);

 

Prima di affrontare una gravidanza fate una visita ginecologica e preferibilmente assumete dell’acido folico già prima del concepimento.

 

Se avete avuto un aborto spontaneo e particolarmente se è stata necessaria una procedura chirurgica (isterosuzione, revisione della cavità uterina) è consigliabile attendere qualche mese prima di tentare un nuovo concepimento.

 

Se siete a conoscenza di malattie ereditarie che riguardano la vostra famiglia o quella di vostro marito è opportuno che consultiate un genetista (consueling pre-natale).

 

utero a termine

VELOCIMETRIA ULTRASONORA VASCOLARE PER EFFETTO DOPPLER AD ONDA CONTINUA

 

L’esame si effettua per le patologie del circolo venoso

ARTI INFERIORI

VALUTAZIONE DEL BILANCIO EMODINAMICO ARTERIOSO

Viene eseguita con sonde da 4 MHz e 8 MHz a 25mm/sec. a livello aorto-iliaco, femoro-popliteo e tibiale.

VALUTAZIONE DEL BILANCIO EMODINAMICO VENOSO

Viene eseguita a livello del sistema venoso profondo con sonda da 4 MHz a 5 mm/sec. e superficiale con sonda da 8 MHz a 5 mm/sec.

Il taglio cesareo (TC) è un intervento chirurgico per mezzo del quale il ginecologo procede all’estrazione del feto.
Può essere programmato (ad esempio in una donna che sia già stata sottoposta a TC), oppure urgente se le condizioni della madre o del feto ne pongano l’indicazione. Può essere eseguito in anestesia subaracnoidea, anestesia epidurale o anestesia generale.
Consiste in un’anestesia di venti minuti e in una piccola incisione addominale, che consentono un parto indolore. Fino alla fine degli anni ’80 il taglio cesareo veniva effettuato solitamente in anestesia generale. Oggi invece, quando possibile, è effettuato in anestesia locale, grazie alla quale la paziente restando sveglia e cosciente durante l’intervento, può partecipare con consapevolezza alla nascita del suo bambino.
Indicazioni
Il taglio cesareo si rende necessario in tutte quelle occasioni in cui un parto per via vaginale è impossibile o presenta rischi (per la madre o il bambino) maggiori rispetto alla viaaddominale.
Le indicazioni all’effettuazione del taglio cesareo possono essere relative a problemi fetali (ad esempio sofferenza fetale, distacco intempestivo di placenta, ecc.) o a problemi materni (gestosi, diabete, nefropatie, ecc.). Spesso possono coesistere nello stesso caso più motivazioni simultaneamente.

Cosa fare prima di concepire

 

  1. E’ opportuno che entrambi i futuri genitori abbiano un colloquio con il proprio medico di fiducia e facciano gli esami consigliati.
  2. La futura mamma non deve  fumare.
  3. La futura mamma deve evitare di bere alcoolici.
  4. La futura mamma deve mantenere un peso adeguato.
  5. E’ necessario che  faccia un esame del sangue per capire qual’è il suo stato rispetto alle seguenti infezioni: Rosolia; Toxoplasmosi, Epatite (B e C) e HIV, Cytomegalovirus, herpesvirus.
  6. E’ altrettanto importante che il partner faccia l’esame del sangue per epatite (B e C) e HIV.

È l’espulsione spontanea del feto e dei suoi annessi dall’utero materno. Il parto “a termine” si verifica abitualmente 275-295 giorni dopo l’ultima mestruazione.

Indipendentemente dalle statitistiche e pareri decisamente diversi della varie scuole di pensiero, è molto importante chiarire quali possano essere le eventuali complicazioni del parto spontaneo, complicazioni del resto che sono note e che non devono rappresentare motivo di apprensione per la donna che deve partorire ma solo una acquisizione di conoscenza.
Ogni gravidanza ha una storia a sé e quindi sia la futura mamma sia il ginecologo hanno il dovere di valutare serenamente le modalità del parto.
Mai come in questo caso il fine giustifica i mezzi, ovverossia il benessere sia per la gravida che per il neonato che non ha ancora la capacità di intendere e volere e che quindi si affida totalmente al buon senso della madre e alla professionalità del ginecologo.

 

Informativa per le pazienti gravide

  • Possibili complicanze in caso di parto vaginale non operativo

Complicazioni possibili per il neonato

  • Lesioni del plesso brachiale (paralisi ostetrica dell’arto superiore)
  • Emorragia cerebrale
  • Asfissia di vario grado con sofferenza crebrale conseguente ad anossia in fase espulsiva
  • Infezioni respiratorie da inalazione di meconio o sangue materno
  • Morte dovuta a distacco intempestivo di placenta durante il travaglio espulsivo

Complicazioni possibili per la madre

  • Antonia uterina con emorragia profusa
  • Rottura dell’utero
  • Lesioni traumatiche del canale del parto (cervice uterina e vagina) con possibile cistorettocele e/o prolasso uterino
  • Esiti cicatriziali da episiotomia ed episorrafia, con dispereunia (dolore durante il rappporto sessuale)
  • Embolia di liquido amniotico (polmonare o cerebrale)

Ed ora una sequenza animata di ciò che avviene durante un parto

Il riscontro di una malattia infettiva nel corso della gravidanza rappresenta un problema clinico piuttosto frequente.
E’ molto importante identificare quando è stato il momento in cui è avvenuta l’infezione. Infatti le conseguenze possono essere molto diverse a seconda dell’epoca gestazionale. Ad esempio, spesso infezioni avvenute nel primo trimestre di gravidanza possono dare problemi clinici importanti (aborto, malformazioni), perchè è questo il momento in cui avviene l’embriogenesi, cioè lo sviluppo degli organi fetali.
Si può stimare l’epoca in cui è avvenuto il contatto mediante la ricerca degli anticorpi materni: le IgM sono le prime che si sviluppano dopo un evento infettivo, e indicano quindi un contatto recente, mentre le IgG sono gli anticorpi che si sviluppano più tardi ed indicano contatto passato.
Un test aggiuntivo è dato dalla “avidity”, cioè un test che valuta con quanta affinità si lega l’anticorpo al suo antigene.
Tuttavia, è sempre importante ricordare che non sempre il feto viene infettato dal microrganismo in esame, cioè spesso solo in una minoranza di casi il microrganismo (virus, batterio o parassita) riesce ad attraversare la placenta ed a infettare il feto. Per questo motivo spesso nei casi di malattia infettiva in gravidanza si richiede l’amniocentesi. Se il microrganismo è assente nel liquido amniotico, questo significa che non c’è stata infezione fetale.
Nei casi di infezione fetale, comunque, non sempre ci sono conseguenze: è importante eseguire uno o più controlli ecografici di secondo livello per lo studio dell’anatomia fetale, per evidenziare eventuali malformazioni connesse all’infezione stessa.

 

Toxoplasma

 

Il toxoplasma è un parassita, che effettua una parte del suo ciclo vitale nel gatto: il gatto si infetta quando mangia carni infette, e il parassita viene poi emesso con le feci. L’uomo può essere contaminato quando mangia carni infette, o nel contatto con i gatti (ad esempio pulire la lettiera è un’attività a rischio), o ad esempio durante hobbies quali il giardinaggio.
Le manifestazioni hanno una gravità variabile, a seconda dell’epoca gestazionale:
primo trimestre: il passaggio attraverso la placenta avviene in meno del 20% dei casi, ma può essere talora causa di aborto
secondo trimestre: il feto viene infettato in circa un terzo dei casi. Possibili conseguenze, non presenti in tutti i casi, sono idrocefalo (una patologia in cui aumentano gli spazi liquidi nel cervello), calcificazioni cerebrali, ritardo mentale, calcificazioni epatiche, corioretinite.
terzo trimestre: il passaggio transplacentare avviene nel 65% dei casi, possibili conseguenze sono ritardo mentale, corioretinite, epatosplenomegalia.
Esiste però la possibilità di fare terapia e prevenzione dell’infezione fetale: nei casi in cui si è identificata l’infezione materna si può iniziare la terapia antibiotica, con la scelta di un farmaco che attraversa la placenta per limitare i danni nei casi in cui si è riscontrata anche infezione fetale all’amniocentesi.
Le norme di prevenzione più generali in chi è negativa al toxotest consistono nell’evitare di mangiare alcuni cibi, evitare il contatto con i gatti (con l’eccezione delle bestiole casalinghe, da sempre alimentate a scatolette), non praticare giardinaggio. I cibi “proibiti” consistono in tutte le carni crude o poco cotte : infatti il parassita è molto sensibile al calore. Non si possono quindi mangiare insaccati e prosciutto crudo, via libera a mortadella e prosciutto cotto! Evitare il latte non pastorizzato e la verdura cruda.

 

Citomegalovirus

 

Il citomegalovirus è un virus molto frequente tra gli adulti: si calcola che circa l’80% degli adulti ha gli anticorpi, cioè ha avuto in passato il contatto con il virus. Il 5% delle donne in gravidanza contrae l’infezione per la prima volta, ma anche le riattivazioni del virus, che rimane silente nell’organismo, possono infettare il feto, seppure assai raramente (1% dei casi). Pertanto, molti ritengono inutile l’esecuzione di test di screening in gravidanza.
Nei casi di prima infezione, il virus attraversa la placenta nel 40% dei casi, ma solo nello 0.5-2% di questi dà problemi importanti, che consistono in microcefalia, ventricolomegalia con calcificazioni periventricolari, corioretinite, calcificazioni epatiche, sordità, ritardo mentale, convulsioni.
L’amniocentesi con PCR ci consente di identificare i feti affetti, per seguirli più attentamente con monitoraggio ecografico. L’assenza di reperti patologici fetali, comunque, non esclude che ci possano essere problemi nel neonato, soprattutto oculari o uditivi, che non possono essere investigati con l’ecografia.

 

Rosolia

 

La rosolia in gravidanza rappresenta una patologia ormai rara, grazie all’introduzione del vaccino specifico. Tale vaccino è un virus vivo attenuato, pertanto è bene evitare una gravidanza nei sei mesi seguenti alla vaccinazione stessa.
Il virus della rosolia può dare:
al primo trimestre: (probabilità di trasmissione al feto intorno all’80%) aborto, malformazioni multiple (cecità, malformazioni cardiache, sordità, microcefalia)
al secondo e terzo trimestre: (probabilità di trasmissione al feto 20-40%) ritardo di crescita, ritardo mentale

 

Varicella

 

Il virus della varicella è molto diffuso: circa il 95% degli adulti hanno avuto il contatto con questo virus, e sono pertanto immuni. La varicella dà epidemie nelle comunità scolastiche,e dopo un periodo di incubazione di 10-20 giorni compaiono i sintomi clinici: febbre, dolori muscolari, ed eruzione cutanea caratteristica.
Si calcola che circa 3 donne su 1000 si infettino durante la gravidanza, ma solo nell’1% dei casi avviene il passaggio del virus al feto. Le conseguenze della varicella in gravidanza, rarissime, possono essere:
al primo trimestre: non c’è evidenza che aumenti il rischio di aborto
al secondo trimestre: ventricolomegalia, microcefalia, corioretinite, cataratta, calcificazioni epatiche, ipoplasia degli arti
al terzo trimestre: di solito non ci sono problemi particolari, ad eccezione dei casi in cui l’infezione viene contratta in vicinanza del parto. Infatti il neonato, se non è protetto dagli anticorpi materni, può sviluppare un’infezione particolarmente virulenta.

Quando si può fare

Entro il 90° giorno di gravidanza. Oltretale epoca si procede all’intervento soloin casi molto particolari. Anche se con una speciale procedura, chi è minorenne può abortire anche senza il consenso dei genitori.

 

Dove sottoporsi all’ I.V.G.

 

Presso una struttura autorizzata dalla legge, dove la frequenza delle possibili complicanze è molto diminuita.

 

Complicazioni operatorie

 

Rischi anestesiologici: È possibile sia in anestesia generale che locale
Rischi chirurgici: Perforazioni dell’utero, lesioni del collo dell’utero, emorragia.

 

Complicazioni tardive

 

Infezioni con diffusione batterica massiva.
Infertilità e sterilità
Depressione e disfunzioni della funzione sessuale.

 

In Italia la IVG è sancita dalla Legge 194 del 22 maggio 1978

Norme per la tutela sociale della maternità e sulla interruzione volontaria della gravidanza

 

  • La donna può decidere di abortire entro i primi 90 giorni di gravidanza. Entro questo termine l’intervento comporta rischi minimi (dal punto di vista fisico).
  • Trascorso tale termine, l’interruzione della gravidanza è possibile solo se sussistono gravi motivi fisici o psichici, accertati dal medico con l’eventuale consulenza di altri specialisti.
  • Le donne di età inferiore ai diciotto anni, per poter effettuare l’interruzione volontaria della gravidanza, devono avere l’autorizzazione di entrambi i genitori o del giudice tutelare.
  • I medici hanno comunque la possibilità dell’obiezione di coscienza.

L’utilizzo della pillola in Italia, che si è più che raddoppiato negli ultimi 15 anni, ha sicuramente contribuito alla notevole riduzione del ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza. Dall’83 ad oggi il numero di aborti si è quasi dimezzato passando da ca. 234.000 interruzioni di gravidanza nel 1983 a ca. 138.000 interventi nel 1998. Questo significa che nel 1983 quasi 17 donne su 1000 in età feconda avevano interrotto volontariamente la gravidanza, mentre nel 1998 erano meno di 10. Tale riduzione è stata osservata però prevalentemente nella fascia di età media e medio-alta (sopra i 20 anni), mentre il ricorso all’aborto nelle adolescenti si è ridotto solo di poco.

 

Anche in Italia sempre meno donne italiane praticano l’aborto, ma il ricorso all’interruzione di gravidanza tra le donne straniere che vivono in Italia è molto elevato. È quanto risulta dall’ultima Relazione al parlamento del Ministro della Salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza, che presenta i dati preliminari per l’anno 2003 ed i dati definitivi relativi all’anno 2002. Per quanto riguarda i dati preliminari, nel 2003 sono state notificati 132.795 interventi, con un decremento dell’1% rispetto al dato definitivo del 2002, e un decremento del 43,4% rispetto al 1982, l’anno che registrò il ricorso più elevato all’IVG.

 

L. 22 maggio 1978, n. 194

1. Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.

2. I consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405 , fermo restando quanto stabilito dalla stessa legge, assistono la donna in stato di gravidanza:
a) informandola sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio;
b) informandola sulle modalita’ idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante;
c) attuando direttamente o proponendo allo ente locale competente o alle strutture sociali operanti nel territorio speciali interventi, quando la gravidanza o la maternita’ creino problemi per risolvere i quali risultino inadeguati i normali interventi di cui alla lettera a);
d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza. I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita. La somministrazione su prescrizione medica, nelle strutture sanitarie e nei consultori, dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile è consentita anche ai minori.

3. Anche per l’adempimento dei compiti ulteriori assegnati dalla presente legge ai consultori familiari, il fondo di cui all’articolo 5 della legge 29 luglio 1975, n. 405 , è aumentato con uno stanziamento di L. 50.000.000.000 annui, da ripartirsi fra le regioni in base agli stessi criteri stabiliti dal suddetto articolo. Alla copertura dell’onere di lire 50 miliardi relativo all’esercizio finanziario 1978 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto nel capitolo 9001 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per il medesimo esercizio. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le necessarie variazioni di bilancio.

4. Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia.

5. Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto. Quando la donna si rivolge al medico di sua fiducia questi compie gli accertamenti sanitari necessari, nel rispetto della dignità e della libertà della donna; valuta con la donna stessa e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, anche sulla base dell’esito degli accertamenti di cui sopra, le circostanze che la determinano a chiedere l’interruzione della gravidanza; la informa sui diritti a lei spettanti e sugli interventi di carattere sociale cui può fare ricorso, nonché sui consultori e le strutture socio-sanitarie. Quando il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, riscontra l’esistenza di condizioni tali da rendere urgente l’intervento, rilascia immediatamente alla donna un certificato attestante l’urgenza. Con tale certificato la donna stessa può presentarsi ad una delle sedi autorizzate a praticare la interruzione della gravidanza. Se non viene riscontrato il caso di urgenza, al termine dell’incontro il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, di fronte alla richiesta della donna di interrompere la gravidanza sulla base delle circostanze di cui all’articolo 4, le rilascia copia di un documento, firmato anche dalla donna, attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere per sette giorni. Trascorsi i sette giorni, la donna può presentarsi, per ottenere la interruzione della gravidanza, sulla base del documento rilasciatole ai sensi del presente comma, presso una delle sedi autorizzate.

6. L’interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata:
a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.

7. I processi patologici che configurino i casi previsti dall’articolo precedente vengono accertati da un medico del servizio ostetrico-ginecologico dell’ente ospedaliero in cui deve praticarsi l’intervento, che ne certifica l’esistenza. Il medico può avvalersi della collaborazione di specialisti. Il medico è tenuto a fornire la documentazione sul caso e a comunicare la sua certificazione al direttore sanitario dell’ospedale per l’intervento da praticarsi immediatamente. Qualora l’interruzione della gravidanza si renda necessaria per imminente pericolo per la vita della donna, l’intervento può essere praticato anche senza lo svolgimento delle procedure previste dal comma precedente e al di fuori delle sedi di cui all’articolo 8. In questi casi, il medico è tenuto a darne comunicazione al medico provinciale. Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l’interruzione della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla lettera a) dell’articolo 6 e il medico che esegue l’intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto.

8. L’interruzione della gravidanza è praticata da un medico del servizio ostetrico-ginecologico presso un ospedale generale tra quelli indicati nell’articolo 20 della legge 12 febbraio 1968, numero 132 , il quale verifica anche l’inesistenza di controindicazioni sanitarie. Gli interventi possono essere altresì praticati presso gli ospedali pubblici specializzati, gli istituti ed enti di cui all’articolo 1, penultimo comma, della legge 12 febbraio 1968, n. 132, e le istituzioni di cui alla legge 26 novembre 1973, numero 817, ed al decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1958, n. 754, sempre che i rispettivi organi di gestione ne facciano richiesta. Nei primi novanta giorni l’interruzione della gravidanza può essere praticata anche presso case di cura autorizzate dalla regione, fornite di requisiti igienico-sanitari e di adeguati servizi ostetrico-ginecologici. Il Ministro della sanita’ con suo decreto limiterà la facoltà delle case di cura autorizzate, a praticare gli interventi di interruzione della gravidanza, stabilendo:
1) la percentuale degli interventi di interruzione della gravidanza che potranno avere luogo, in rapporto al totale degli interventi operatori eseguiti nell’anno precedente presso la stessa casa di cura;
2) la percentuale dei giorni di degenza consentiti per gli interventi di interruzione della gravidanza, rispetto al totale dei giorni di degenza che nell’anno precedente si sono avuti in relazione alle convenzioni con la regione. Le percentuali di cui ai punti 1) e 2) dovranno essere non inferiori al 20 per cento e uguali per tutte le case di cura. Le case di cura potranno scegliere il criterio al quale attenersi, fra i due sopra fissati. Nei primi novanta giorni gli interventi di interruzione della gravidanza dovranno altresì poter essere effettuati, dopo la costituzione delle unità socio-sanitarie locali, presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali ed autorizzati dalla regione. Il certificato rilasciato ai sensi del terzo comma dell’articolo 5 e, alla scadenza dei sette giorni, il documento consegnato alla donna ai sensi del quarto comma dello stesso articolo costituiscono titolo per ottenere in via d’urgenza l’intervento e, se necessario, il ricovero.

9. Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell’obiettore deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dello ospedale o dalla casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dall’entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento della abilitazione o dall’assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l’esecuzione di tali prestazioni. L’obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al precedente comma, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione al medico provinciale. L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento. Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale. L’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo. L’obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto, immediato, se chi l’ha sollevata prende parte a procedure o a interventi per l’interruzione della gravidanza previsti dalla presente legge, al di fuori dei casi di cui al comma precedente.

10. L’accertamento, l’intervento, la cura e la eventuale degenza relativi alla interruzione della gravidanza nelle circostanze previste dagli articoli 4 e 6, ed attuati nelle istituzioni sanitarie di cui all’articolo 8, rientrano fra le prestazioni ospedaliere trasferite alle regioni dalla legge 17 agosto 1974, n. 386 . Sono a carico della regione tutte le spese per eventuali accertamenti, cure o degenze necessarie per il compimento della gravidanza nonché per il parto, riguardanti le donne che non hanno diritto all’assistenza mutualistica. Le prestazioni sanitarie e farmaceutiche non previste dai precedenti commi e gli accertamenti effettuati secondo quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 5 e dal primo comma dell’articolo 7 da medici dipendenti pubblici, o che esercitino la loro attività nell’ambito di strutture pubbliche o convenzionate con la regione, sono a carico degli enti mutualistici, sino a che non sarà istituito il servizio sanitario nazionale.

11. L’ente ospedaliero, la casa di cura o il poliambulatorio nei quali l’intervento è stato effettuato sono tenuti ad inviare al medico provinciale competente per territorio una dichiarazione con la quale il medico che lo ha eseguito da’ notizia dell’intervento stesso e della documentazione sulla base della quale è avvenuto, senza fare menzione dell’identità’ della donna. Le lettere b) e f) dell’articolo 103 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con il regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, sono abrogate.

12. La richiesta di interruzione della gravidanza secondo le procedure della presente legge è fatta personalmente dalla donna. Se la donna è di eta’ inferiore ai diciotto anni, per l’interruzione della gravidanza è richiesto lo assenso di chi esercita sulla donna stessa la potestà o la tutela. Tuttavia, nei primi novanta giorni, quando vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la potestà o la tutela, oppure queste, interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra loro difformi, il consultorio o la struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, espleta i compiti e le procedure di cui all’articolo 5 e rimette entro sette giorni dalla richiesta una relazione, corredata del proprio parere, al giudice tutelare del luogo in cui esso opera. Il giudice tutelare, entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione trasmessagli, può autorizzare la donna, con atto non soggetto a reclamo, a decidere la interruzione della gravidanza. Qualora il medico accerti l’urgenza dell’intervento a causa di un grave pericolo per la salute della minore di diciotto anni, indipendentemente dall’assenso di chi esercita la potestà o la tutela e senza adire il giudice tutelare, certifica l’esistenza delle condizioni che giustificano l’interruzione della gravidanza. Tale certificazione costituisce titolo per ottenere in via d’urgenza l’intervento e, se necessario, il ricovero. Ai fini dell’interruzione della gravidanza dopo i primi novanta giorni, si applicano anche alla minore di diciotto anni le procedure di cui all’articolo 7, indipendentemente dall’assenso di chi esercita la potestà o la tutela.

13. Se la donna è interdetta per infermità di mente, la richiesta di cui agli articoli 4 e 6 può essere presentata, oltre che da lei personalmente, anche dal tutore o dal marito non tutore, che non sia legalmente separato. Nel caso di richiesta presentata dall’interdetta o dal marito, deve essere sentito il parere del tutore. La richiesta presentata dal tutore o dal marito deve essere confermata dalla donna. Il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, trasmette al giudice tutelare, entro il termine di sette giorni dalla presentazione della richiesta, una relazione contenente ragguagli sulla domanda e sulla sua provenienza, sull’atteggiamento comunque assunto dalla donna e sulla gravidanza e specie dell’infermità’ mentale di essa nonché il parere del tutore, se espresso. Il giudice tutelare, sentiti se lo ritiene opportuno gli interessati, decide entro cinque giorni dal ricevimento della relazione, con atto non soggetto a reclamo. Il provvedimento del giudice tutelare ha gli effetti di cui all’ultimo comma dell’articolo 8.

14. Il medico che esegue l’interruzione della gravidanza è tenuto a fornire alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle nascite, nonché a renderla partecipe dei procedimenti abortivi, che devono comunque essere attuati in modo da rispettare la dignità personale della donna. In presenza di processi patologici, fra cui quelli relativi ad anomalie o malformazioni del nascituro, il medico che esegue l’interruzione della gravidanza deve fornire alla donna i ragguagli necessari per la prevenzione di tali processi.

15. Le regioni, d’intesa con le università e con gli enti ospedalieri, promuovono l’aggiornamento del personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sui problemi della procreazione cosciente e responsabile, sui metodi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto e sull’uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità’ fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza. Le regioni promuovono inoltre corsi ed incontri ai quali possono partecipare sia il personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sia le persone interessate ad approfondire le questioni relative all’educazione sessuale, al decorso della gravidanza, al parto, ai metodi anticoncezionali e alle tecniche per l’interruzione della gravidanza. Al fine di garantire quanto disposto dagli articoli 2 e 5, le regioni redigono un programma annuale d’aggiornamento e di informazione sulla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali esistenti nel territorio regionale.

16. Entro il mese di febbraio, a partire dall’anno successivo a quello dell’entrata in vigore della Presente legge, il Ministro della sanità presenta al Parlamento una relazione sull’attuazione della legge stessa e sui suoi effetti, anche in riferimento al problema della prevenzione. Le regioni sono tenute a fornire le informazioni necessarie entro il mese di gennaio di ciascun anno, sulla base di questionari predisposti dal Ministro. Analoga relazione presenta il Ministro di grazia e giustizia per quanto riguarda le questioni di specifica competenza del suo Dicastero.

17. Chiunque cagiona ad una donna per colpa l’interruzione della gravidanza e’ punito con la reclusione da tre mesi a due anni. Chiunque cagiona ad una donna per colpa un parto prematuro è punito con la pena prevista dal comma precedente, diminuita fino alla metà. Nei casi previsti dai commi precedenti, se il fatto è commesso con la violazione delle norme poste a tutela del lavoro la pena è aumentata.

18. Chiunque cagiona l’interruzione della gravidanza senza il consenso della donna è punito con la reclusione da quattro a otto anni. Si considera come non prestato il consenso estorto con violenza o minaccia ovvero carpito con l’inganno. La stessa pena si applica a chiunque provochi l’interruzione della gravidanza con azioni dirette a provocare lesioni alla donna. Detta pena è diminuita fino alla metà se da tali lesioni deriva l’acceleramento del parto. Se dai fatti previsti dal primo e dal secondo comma deriva la morte della donna si applica la reclusione da otto a sedici anni; se ne deriva una lesione personale gravissima si applica la reclusione da sei a dodici anni; se la lesione personale è grave questa ultima pena è diminuita. Le pene stabilite dai commi precedenti sono aumentate se la donna è minore degli anni diciotto.

19. Chiunque cagiona l’interruzione volontaria della gravidanza senza l’osservanza delle modalità indicate negli articoli 5 o 8, è punito con la reclusione sino a tre anni. La donna è punita con la multa fino a lire centomila. Se l’interruzione volontaria della gravidanza avviene senza l’accertamento medico dei casi previsti dalle lettere a) e b) dell’articolo 6 o comunque senza l’osservanza delle modalità previste dall’articolo 7, chi la cagiona è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La donna è punita con la reclusione sino a sei mesi. Quando l’interruzione volontaria della gravidanza avviene su donna minore degli anni diciotto, o interdetta, fuori dei casi o senza l’osservanza delle modalità previste dagli articoli 12 e 13, chi la cagiona è punito con le pene rispettivamente previste dai commi precedenti aumentate fino alla metà. La donna non è punibile. Se dai fatti previsti dai commi precedenti deriva la morte della donna, si applica la reclusione da tre a sette anni; se ne deriva una lesione personale gravissima si applica la reclusione da due a cinque anni; se la lesione personale è grave questa ultima pena è diminuita. Le pene stabilite dal comma precedente sono aumentate se la morte o la lesione della donna derivano dai fatti previsti dal quinto comma.

20. Le pene previste dagli articoli 18 e 19 per chi procura l’interruzione della gravidanza sono aumentate quando il reato è commesso da chi ha sollevato obiezione di coscienza ai sensi dell’articolo 9.

21. Chiunque, fuori dei casi previsti dall’articolo 326 del codice penale, essendone venuto a conoscenza per ragioni di professione o di ufficio, rivela l’identità’ – o comunque divulga notizie idonee a rivelarla – di chi ha fatto ricorso alle procedure o agli interventi previsti dalla presente legge, è punito a norma dell’articolo 622 del codice penale.

22. Il titolo X del libro II del codice penale è abrogato. Sono altresì abrogati il n. 3) del primo comma e il n. 5) del secondo comma dell’articolo 583 del codice penale. Salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, non è punibile per il reato di aborto di donna consenziente chiunque abbia commesso il fatto prima dell’entrata in vigore della presente legge, se il giudice accerta che sussistevano le condizioni previste dagli articoli 4 e 6.